Hai voluto la bicicletta?

Avete un po’ paura di tornare a passare le vostre giornate su mezzi pubblici zozzissimi e affollati? Avete sentito parlare del bonus bicicletta? Avete visto in giro nelle vostre città molte più persone che hanno iniziato a spostarsi con mezzi alternativi? Ci avete fatto un pensierino anche voi, ma avete paura che non faccia proprio per voi o di non essere in grado?

Questi sono i pensieri che hanno portato ME a quella che oserei definire una svolta epocale nel mio tran tran quotidiano. Ma andiamo con ordine.

La spinta decisiva, come dicevo, per molti di quelli che prima utilizzavano i mezzi pubblici e che in questi giorni vedete avventurarsi timorosamente in bici da totali neofiti, è stata sicuramente la paura di riprendere a frequentare quotidianamente luoghi pubblici al chiuso o ambienti in cui passa molta gente (come i vagoni dei treni, gli autobus e le stazioni) e che potrebbero quindi non essere i più sicuri dal punto di vista igienico, ma anche e soprattutto il terrore di impiegare ancora più tempo di quello che già si spreca abitualmente negli spostamenti giornalieri a causa degli accessi contingentati sui mezzi pubblici (situazione alla quale, almeno a Roma, non è certamente stato affiancato un potenziamento delle corse o simili, ci mancherebbe altro). Per alcune persone, inoltre, anche il famoso bonus bicicletta/monopattino è servito da spunto per riconsiderare l’idea di muoversi in città con un mezzo individuale diverso dall’automobile privata.

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Nell'ultimo anno, inoltre, si è diffusa anche qui a Roma la possibilità di prendere delle bici in bike-sharing. In passato già altri gestori avevano provato ad introdurre questo servizio, ma le biciclette erano sparite o venivano sistematicamente vandalizzate. JUMP by UBER invece ha attecchito piuttosto bene e vedo usare queste biciclette a molte persone, specie in centro o sul lungotevere. Sono abbastanza costose ma sono bici elettriche, quindi il lato positivo è lo zero fatica.

Insomma, anche una città tradizionalmente refrattaria alla mobilità sostenibile come Roma (un po’ per l’indole dei suoi abitanti, certo, ma soprattutto per le innegabili difficoltà e carenze che la città stessa presenta eh, non facciamo che è sempre colpa dei romani) nelle ultime settimane ha visto un boom pazzesco di utenti delle due ruote, basta fare un giro in città per rendersene conto, mai viste tante bici per strada se non, forse, nelle domeniche senza auto o in occasioni particolari.

Il tutto testimoniato, come dicevo prima, da un fatto epocale: persino IO ho iniziato a muovermi quasi esclusivamente in bicicletta.

Quindi ho pensato che la testimonianza da parte della più improbabile dei ciclisti  –veramente, vi giuro, la gente che mi conosce non ci può crederepotrebbe essere utile a chi sta ancora valutando la fattibilità della cosa e magari sta già pensando di rinunciare.

Una parentesi necessaria: io sono una di quei romani indolenti che, se potessero, andrebbero in ‘maghina’ pure a prendere il pane sotto casa. Non ero MAI andata in bici a Roma, nemmeno da piccola al parco o nel vialetto di casa, per dire. L’utilizzo della bicicletta, per me, è legato esclusivamente alle vacanze dai nonni in campagna, e anche lì si era bruscamente interrotto intorno agli 11-12 anni, quando cioè i cari amichetti del paesello avevano iniziato a prendermi in giro per il mio sederone, portandomi piano piano a vergognarmi di tutto e ad interrompere ogni tipo di attività fisica che facevo all’epoca. Dando così inizio alla mia adolescenza, poi giovinezza e infine età adulta da sedentaria 100% dopo essere stata invece una bambina piuttosto attiva e sportiva.

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A ripensarci, il sederone avrei dovuto usarlo per sedermi in faccia a quei campagnoli zotici e spiaccicargli il cervello, che tanto negli anni seguenti a ben vedere non gli è servito a molto.

Alcuni anni fa, poi, ho fatto l’azzardo di riprendere la bici in estate al mare, ma vivevo quel chilometro scarso che separa la casa al mare dalla spiaggia nel terrore, sentendomi completamente insicura a pedalare in mezzo alle automobili, pregando silenziosamente che nessuno mi tagliasse la strada e non ci fosse nessun ostacolo nel mio tragitto, perché non avrei saputo rispondere per tempo. Questa cosa se possibile mi ha reso ancora più diffidente verso la possibilità di utilizzare un giorno la bici in città.

Invece verso metà maggio, complice, come vi dicevo, il panico di tornare a viaggiare pressata in mezzo alla gente e la sensazione che i viaggi sui mezzi ATAC sarebbero riusciti ad essere molto peggio del solito (e vi assicuro che ce ne vuole), un’idea ha iniziato a farsi strada, anche prima della comunicazione in merito al bonus (visto che di biciclette in campagna ne avevo già quante ne volevo).

“E se provassi ad andare al lavoro in bici?”

Da lì è partita la macchina organizzativa: lo studio minuzioso del percorso perché fosse il più possibile all’interno di piste ciclabili, calcolo delle tempistiche, ricerca dell’abbigliamento adatto. Poi il far venire dalla casa di campagna tramite mio padre una delle bici che giacevano lì abbandonate, infine il passaggio dal tecnico per risistemare le ruote e tutto il resto.

E ore passate su google maps per cercare di capire dove avrei potuto entrare/uscire dalla ciclabile, quali scalinate hanno la passatoia per le bici e quali no etc.

Dopo mille tentennamenti, circa tre settimane fa mi butto e vado. Piena di gocce di rescue remedy, perché avevo un’ansia terribile, il percorso casa-ufficio è piuttosto lungo (più di 6 km, circa 14 tra andata e ritorno) non ero sicura di essere in grado, non sapevo che tipo di percorso mi sarei trovata davanti né se avrei magari avuto un crollo nervoso con conseguente ritorno a casa a piedi a metà strada o telefonata in lacrime a qualcuno per farmi venire a prendere.

E invece, una scoperta: è fighissimo. Ho scoperto (o meglio ri-scoperto, perché da piccola in effetti adoravo andare in bici) quanto mi piace girare in bicicletta, che bella sensazione di libertà e spensieratezza che si prova. E dopo un paio di settimane devo dire che mi avventuro anche in brevi tratti di non-ciclabile in mezzo alle macchine, con molta prudenza ma senza il panico attanagliante che immaginavo sulle prime.

Mi sentivo molto uno dei bambini di IT che va verso i barren, i primi giorni. Mi aspettavo che da un momento all’altro apparissero dei palloncini rossi dal Tevere.

Quindi, ve lo dico da amica: si può fare, anche se siete delle sederone sedentarie e imbranate e pensate che non ce la farete mai, specie se avete una bella pista ciclabile che vi assiste e vi protegge nella maggior parte del vostro tragitto (ammetto che, se dovessi fare 14 km tutti i giorni sempre nell’ansia del traffico forse avrei gettato la spugna).

Ma soprattutto: si deve fare. Non sto a tediarvi con il solito pistolotto ambientalista ed ecologista o magari salutista che spesso rende i ciclisti una categoria antipatica quasi quanto hipster e vegani (io sono la prima a non sopportare queste cose). Il vantaggio di cui voglio parlarvi è un qualcosa di più intimo e personale, la RIAPPROPRIAZIONE di una porzione del tempo della propria vita che ormai, almeno nelle grandi città, ci siamo rassegnati a dover buttare quotidianamente.

Mi spiego meglio.

Tornando a casa, in queste settimane, mi rendo conto che sono sì stanca, e magari ho bisogno di stendermi dieci minuti sul divano appena rientrata in casa, però MENO STANCA o comunque DIVERSAMENTE STANCA rispetto a quando tornavo a casa in macchina o – peggio ancora – con l’autobus. In quel caso, i dieci minuti stesa sul divano di solito diventavano un restare lì a vegetare fino all’ora di cena. E comunque sentirmi distrutta e apatica. Ma più che altro per la noia e il senso di alienazione dei 40/50 interminabili minuti passati in piedi sull’autobus pressata contro altre persone a guardare scorrere il solito paesaggio, o magari dei soli 25 minuti passati in macchina però nel traffico bloccato, a fare prima-seconda-prima-seconda-freno-prima-seconda. Non stanchezza fisica, a parte magari il mal di schiena se stai troppo in piedi, ma esaurimento psicologico, voglia di non far più niente, di far finire lì la giornata, proprio perché sei entrato in una specie di stand-by catatonico da cui poi è difficile uscire.

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I 35/40 minuti del mio tragitto in bici, invece, non sono un tempo buttato, un momento di non-vita passato a scrollare instagram sul telefono o al limite a cercare di dargli un senso leggendo qualche pagina di un libro, come quando sei in autobus. O peggio ancora il tempo passato in automobile, perché non puoi nemmeno fare altro mentre guidi, sei prigioniero del traffico e devi dedicargli il 200% della tua attenzione. Il tempo passato in sella è un momento di vita, e di vita a cui partecipi attivamente e che non fai semplicemente scorrere in modo passivo perché aspetti di arrivare da qualche parte. E quindi a fine giornata magari sono stanca (e piena di lividi, io non so come ma mi riempio sempre di lividi) ma SVEGLIA, attiva, non mi sono messa in standby per noia anzi ho ricevuto mille stimoli esterni, ho vissuto delle “avventure”.

Il tratto di pista ciclabile che faccio io, sul lungotevere (qui sopra un paio di immagini da streetview), ha delle parti meravigliose in cui la città non la vedi praticamente più e sei totalmente immerso nella natura, circondato solo di canneti, piante palustri, germani reali e altri uccelli acquatici. Vedi le rondini, vedi le lucertole, i gatti randagi, tutto tranne la città, ed è stupendo, è un qualcosa che ti fa “riposare il cervello”. Per me che ho problemi di vista, addirittura, sembra quasi una cosa benefica, mi sembra di vedere molto meglio, dopo esser stata per un po’ immersa nel verde.

Quindi, un piccolo regalo di benessere psico-fisico che possiamo farci in qualsiasi momento, e che paradossalmente proprio questa situazione difficile ci ha messo davanti agli occhi sperando che qualcuno colga l’occasione per tentare.

In conclusione, a parte il consiglio implicito di fare almeno un tentativo e buttarvi, sempre se le condizioni lo permettono, alcuni consigli spiccioli:

  • Come dicevo, è fondamentale studiare bene il percorso. Per un principiante assoluto, almeno il 70% del tragitto deve essere su pista ciclabile, altrimenti vi metterete subito paura al primo matto in automobile o moto che vi taglia la strada o che vi inchioda a un millimetro di distanza, e rischierete di mollare subito. Meglio fare più strada ma in sicurezza che tagliare per risparmiare tempo e rischiare di lasciar perdere dopo pochi giorni. Poi potrete organizzare la parte del tragitto extra-ciclabile studiandovi bene i punti in cui dovrete per forza scendere e spingerla a mano, in cui invece magari c’è un marciapiede largo e poco frequentato che potrete momentaneamente sfruttare in assenza di pedoni, in cui magari c’è una stradina secondaria in cui passano poche macchine, o un parcheggio, o un controviale che vi può far sentire più tranquilli, oppure in cui potrete inserirvi temporaneamente nella corsia preferenziale dell’autobus etc.
Io sono molto fortunata perché posso usufruire della ciclabile del lungotevere, che si snoda da viale Marconi fino a Ponte Milvio e oltre ed è ottima per chi deve raggiungere il centro di Roma. QUI potete trovare informazioni sulle piste ciclabili attualmente in funzione a Roma e su quelle temporanee che stanno realizzando in questi giorni.
  • Elemento non secondario in città come Roma: calcolate eventuali dislivelli e la vostra capacità di superarli, specie se non avete una mountain bike o una bici elettrica e non siete particolarmente allenati (io ad esempio ho una classica bici da donna pieghevole senza marce, ma il mio tragitto è tutto in piano quindi va bene);
  • Vestitevi comodi. Poi magari vi portate un cambio per l’ufficio, o come faccio io, potete lasciare direttamente nel cassetto della scrivania un paio di scarpe, una giacca, una collana, un foulard, qualcosa per darvi un tono un po’ più formale quando fino a dieci minuti prima eravate dei ciclisti straccioni. Portatevi dietro magari anche un deodorante o un profumo. Utile l’orologio da polso per calcolare i tempi degli spostamenti, almeno i primi giorni.

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Mi sono resa conto che la cosa che mi rendeva più insicura nell’andare in bici al mare, come dicevo prima, era proprio la scomodità di un abbigliamento inadeguato. Andare in bici nel traffico con le ciabatte da mare, il costume, il pareo, la borsa mare sotto il braccio con l’asciugamano etc. non è l’ideale per un principiante già parecchio insicuro in sella. L'ideale sono pantaloni comodi (ma non troppo larghi, altrimenti vi daranno fastidio), scarpe chiuse da ginnastica con i calzini, zaino in spalla invece della borsa, magari qualcosa a coprire la testa se c'è il sole o tira vento, e via. Poi anche lì, man mano che prenderete confidenza non è detto che non riusciate a pedalare in gonna e sandali, o pantaloni iperattillati e camicetta in seta (ne ho viste), ma i primi tempi meglio di no.
  • Fate fare un bel check-up (preliminare ma anche periodico) alla bici, in modo che tutto sia a posto e siate tranquilli che non vi lascerà per strada o non vi risulterà scomoda (occhio all’inclinazione e al modello della sella, alla regolazione di altezza del manubrio, alla pressione delle gomme, ai freni etc.);

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  • Infine, il consiglio scemo che non manca mai: personalizzate la vostra bici, datele un nome, attaccategli qualche cianfrusaglia, un campanello strano, una catena colorata, un coprisella spiritoso, un cestino rimediato in giro o una cassetta di frutta. Vogliatele bene, dopotutto vi scarrozza in giro “a gratis” e vi fa divertire.
La mia bici. Lei mi adora e la cosa è reciproca

Io ogni giorno amo di più lo stare in sella, già penso con preoccupazione a quando le giornate si faranno più corte, uscirò dal lavoro col buio e dovrò per forza tornare a prendere la macchina o l’autobus. E già adesso quando piove mi innervosisco. Ma intanto, ho di fronte ancora diversi mesi di pedalate.

E voi, avete mai pensato di provare ad usare la bicicletta in città?

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