Roma Capitale vs. Tota Italia: due supermostre a confronto

In questi giorni, a Roma, sono in corso due mostre-evento che per certi versi risultano abbastanza analoghe nell’impianto di base, nel pubblico a cui si rivolgono e negli intenti insieme storico-artistici e celebrativi.

Sto parlando di Roma, nascita di una capitale 1870-1915 al Museo di Roma a Palazzo Braschi e Tota Italia. Alle origini di una nazione alle Scuderie del Quirinale, ed essendo riuscita a vederle entrambe in un arco di tempo piuttosto ravvicinato ho avuto la possibilità di fare un bilancio e una valutazione complessiva di queste due mostre che, sono sicura, costituiranno la punta di diamante ma soprattutto la “grande ripartenza” dell’offerta culturale della città di Roma nei prossimi mesi.

Due mostre, come dicevo, che definirei nazional-popolari nel senso migliore del termine, ovvero pensate per un grande pubblico generalista e con chiaro intento didattico-celebrativo di alcuni particolari momenti della nostra storia passata, prendendo spunto da una parte dall’occasione dei 150 anni di Roma Capitale (1871-2021), dall’altra da una celebrazione patriottica a tutto tondo, ispirata dalla definizione contenuta nelle Res gestae dell’imperatore Augusto che, per la prima volta, definiva in modo unitario il territorio nazionale. Dal punto di vista delle opere e dei materiali in esposizione, una mostra storico-artistica ma soprattutto documentaria la prima, essenzialmente archeologica al contrario la seconda.

Se la mostra “Roma Capitale” illustra, attraverso un variegato insieme di testimonianze (pittura, scultura e disegni, ma anche e soprattutto un ampio corredo di magnifiche foto d’epoca, manifesti, riviste, cartoline, mappe, plastici, documenti, bellissimi video etc.) il delicato passaggio da quella che era stata la vecchia, spopolata, spesso malsana e arretrata capitale dello Stato Pontificio a nuova capitale di quello che voleva invece essere in tutto e per tutto uno stato moderno, il Regno d’Italia, il progetto alla base di “Tota Italia” è invece quello di analizzare come già nell’età di Augusto le diverse popolazioni che abitavano la penisola italica avessero iniziato a costituire una certa unità culturale, oltre che politica, e come questa unità frutto dell’ibridazione culturale e dell’integrazione avesse tutto sommato funzionato bene per secoli e sia stato il vero punto di forza dell’Impero, strizzando chiaramente l’occhio alle vicende attuali, tra regionalismi più o meno difficoltosi da gestire e difficoltà di integrazione dei ‘nuovi cittadini’ provenienti da altri paesi.

Devo dire la verità: pur essendo state entrambe molto interessanti e godibili, c’è un evidente squilibrio nell’efficacia della narrazione di queste due mostre, e con mio disappunto è proprio la mostra più prettamente ‘archeologica’, nonostante i pezzi eccezionali esposti e l’interessante e molto attuale spunto di partenza dell”unità nonostante le differenze”, a mostrare maggiormente alcune carenze e indecisioni nell’impianto generale della mostra.

Infatti, il variopinto collage di documenti, mappe, foto, opere d’arte, filmati della mostra di Palazzo Braschi riesce a farti completamente entrare nell’atmosfera dell’epoca di cui vuole parlarti, ti guida in mezzo ai cantieri della costruzione dei nuovi quartieri, dei muraglioni del Tevere, sembra quasi farti sentire i rumori e gli odori di quegli anni frenetici di cambiamenti, con D’Annunzio e i suoi sodali che guardavano schifati questa nuova Roma borghese e ne parlavano male dalle loro riviste e dai tavolini dei caffè, mentre il popolino invece si aggirava tra le nuove strade piene di manifesti pubblicitari e non vedeva l’ora di assaporare un po’ di modernità e magari avere una casa invece di una baracca. Percepisci quasi la disperazione negli occhi dei poveri funzionari piemontesi con in una mano le mappe della salubrità dei quartieri e l’altra mano nei capelli, a cercare di capire come tirare fuori una città moderna da quel gran casino che doveva essere Roma nel 1871, tra periodiche inondazioni, malaria, analfabetismo, milioni di edifici religiosi dismessi a cui trovare una destinazione d’uso e resti archeologici che già allora – anzi, molto più di adesso – uscivano fuori ad ogni terreno smosso. 

In particolare, le foto del conte Primoli sulle trasformazioni urbanistiche dell'area intorno a Castel Sant'Angelo, al Campidoglio e sulla via Ostiense sono eccezionali, di una vividezza unica. E poi io ho una passione particolare per le pubblicità e i manifesti vintage.

La mostra delle Scuderie del Quirinale, al contrario, forse penalizzata appunto dall’essere un po’ troppo statica e ‘monomateriale’ rispetto all’altra, trattandosi tranne poche eccezioni di una esposizione di reperti archeologici, purtroppo non sempre riesce a rendere in modo vivo e concreto l’intento iniziale, ovvero la rappresentazione di come da tante piccole singolarità etnico-tribali si fosse arrivati alla formazione di un’unica Italia al tempo del primo imperatore. E questa mancata riuscita la si percepisce proprio perché in un paio di sale, invece, la magia si compie (quella in cui vengono presentati i diversi modelli di rituale funerario, in cui è riuscita veramente bene l’accostamento dei diversi usi funerari nei diversi luoghi d’Italia per far capire l’estrema varietà delle popolazioni presenti, e quella in cui attraverso alcuni oggetti con iscrizioni si fa una panoramica sulle diverse tipologie di scritture in uso). In alcuni momenti la narrazione si perde, alcune sale non si capisce bene cosa stiano approfondendo di preciso, la stessa chiusura della mostra è un po’ brusca e si avverte la mancanza di uno spazio conclusivo in cui fare un bilancio o trarre una qualche conclusione da quanto presentato.

Nonostante questa che può sembrare una critica, si tratta in ogni caso di due mostre da vedere entrambe assolutamente, ma per motivi diversi: il minore impatto dei singoli pezzi in mostra, in “Roma capitale”, è infatti ampiamente compensato da una narrazione riuscitissima, vivace, ricca di sfaccettature e molto coinvolgente, si esce dalla mostra arricchiti e divertiti e con molta voglia di approfondire l’argomento, almeno per quanto mi riguarda, mentre in “Tota Italia” alcune scelte poco azzeccate nell’impianto narrativo e nella sequenza del percorso di visita sono controbilanciate dai pezzi pazzeschi in mostra, ognuno dei quali provvisto di un suo personalissimo ‘effetto WOW’ – si nota la scelta minuziosa fatta da Massimo Osanna & Co. – e di un suo valore estetico assoluto (io sono innamorata del Pugilatore di Palazzo Massimo da sempre, per esempio), alcuni dei quali provenienti da prestiti molto prestigiosi, per altro anche esposti in modo molto efficace, come quasi sempre alle Scuderie del Quirinale i cui spazi permettono allestimenti molto d’impatto e scenografici, e un buon apparato informativo che utilizza anche proiezioni e videomapping su parete con soluzioni piuttosto interessanti.

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Per info:

Roma. Nascita di una capitale 1870-1915

04/05 – 26/09/2021
Museo di Roma, Sale espositive del I piano
 

Tota Italia. Alle origini di una nazione

14 maggio > 25 luglio 2021

Scuderie del Quirinale
 
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Un commento

  1. […] Le trasformazioni successive alla proclamazione di Roma capitale segnarono il triste destino di molti di queste antiche residenze a giardino, che trovandosi in zone strategiche, limitrofe al centro, furono destinate ad accogliere i nuovi quartieri preposti all’abitazione dei funzionari del Regno d’Italia [ne avevo parlato in QUESTO POST, sulla mostra Roma, nascita di una capitale]. […]

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