Tutta la nostra infanzia è stata un progetto socio-culturale giapponese

Ebbene sì. L’intera infanzia di noialtri millennial, quelli nati a partire dagli anni ’80 per intenderci, è stata tutta una grande bugia. Un immenso progetto socio-culturale organizzato in Giappone tramite una delle maggiori case di produzioni di animazione e uno dei canali tv più seguiti.

Immagino che questi pezzi grossi della comunicazione nipponica non pensassero assolutamente a noi bambini stranieri occidentali – e segnatamente italiani – a dire il vero, ma nonostante tutto siamo stati modellati dalle loro scelte fino al midollo, magari anche in modo più forte rispetto a quelli che sarebbero dovuti essere i reali destinatari del progetto, i millennial giapponesi.

Non sto scherzando, eh, sono venuta a conoscenza di questa cosa assurda qualche mese fa, cercando informazioni sul web su un vecchio cartone animato giapponese che avevo molto amato da piccola e di cui avrei voluto rivedere qualche puntata per curiosità e nostalgia.

Il cartone in questione era "Un oceano di avventure per Tico e Nancy", uno dei cartoni più dimenticati tra quelli andati in onda negli anni '90 su Mediaset, di cui, dopo quella gloriosa estate in cui non ne avevo perso nemmeno un episodio (dopo quel cartone ho rischiato di voler fare la biologa marina), si erano del tutto perse le tracce, non era mai più stato trasmesso per anni. Carinissima anche la sigla, recuperata su YouTube (vedi sopra)

Cercando sul web, come dicevo, ho scoperto che questo cartone animato, prodotto dalla Nippon Animation, faceva – come vi dicevo – parte di un filone lunghissimo e nutrito chiamato World Masterpiece Theater [QUI il sito dedicato] [QUI la pagina wikipedia dove trovate l’elenco completo], iniziato negli anni 70 e durato fino a pochi anni fa, che comprendeva moltissimi altri cartoni animati che vedevo da bambina, e che tutti i miei coetanei hanno sicuramente visto e amato durante la loro infanzia.

La particolarità di questa serie di cartoni, che a ripensarci oggi si somigliavano un po’ tutti, anche nel tratto del disegno e nell’animazione dei personaggi, è quella di essere per lo più tratti da opere letterarie classiche per l’infanzia o per ragazzi.

Chi di noi non ha conosciuto già da bambino le vicende di Tom Sawyer, Peter Pan, i tre Moschettieri, Piccole Donne e altri ancora, molto prima di leggere i relativi romanzi, perché aveva visto il cartone in TV fin da piccolissimo? E soprattutto, chi non li ha poi letti, magari ai tempi della scuola, invogliato proprio dal fatto che se ne conoscevano già a grandi linee le vicende grazia al cartone animato?

Ed era simpatico anche scoprire le differenze nell'adattamento; non dimenticherò mai il trauma di scoprire che Aramis nel libro originale dei Tre Moschettieri di A. Dumas non era una donna travestita da maschio come nel cartone. In alto a sinistra, il famigerato logo della Fuji Tv, so che vi ho sbloccato un ricordo, appariva in molte delle sigle dei cartoni dell'epoca.

Per non parlare di quei romanzi rimasti un po’ fuori dai programmi scolastici e dai gusti di lettura dei bambini moderni perché ‘passati di moda’, o magari meno conosciuti in Italia rispetto ad altri libri, e la cui trama alla fine molti di noi conoscono solo attraverso il cartone animato giapponese. Penso a titoli come Papà Gambalunga, Heidi, Peline, Anna dai capelli rossi

Quindi, che ci crediate o no, il paradosso è che molto del vostro personale amore per la lettura, soprattutto delle letture che avrete sicuramente fatto durante gli anni della scuola, e molta dell’affezione che provate per alcuni personaggi della letteratura occidentale, è tutta opera di quei buontemponi dei giapponesi. Amiamo i ‘nostri’ classici per l’infanzia perché i giapponesi ce li hanno fatti scoprire, come effetto collaterale assolutamente non ricercato dell’aver voluto utilizzarli per istruire e formare la loro prole. Come vi dicevo, la casa di Produzione Nippon Animation, dopo aver prodotto alcuni cartoni animati ispirati ad opere della letteratura occidentale per l’infanzia che avevano ottenuto un ottimo successo di pubblico (uno su tutti, Heidi, del 1974, al quale aveva partecipato quell’Isao Takahata che poi avrebbe fondato lo Studio Ghibli con Hayao Miyazaki) decisero di farne un progetto più sistematico, chiamato come dicevo World Masterpiece Theater, adattando allo stesso modo e con quello stesso stile che aveva avuto successo molti altri classici della letteratura per ragazzi e in particolare i classici della letteratura occidentale, poco conosciuti in Giappone.

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Ogni anno ne veniva prodotto uno nuovo, dagli anni ’70 in poi, che veniva poi trasmesso la sera su Fuji TV, e tutto questo allo scopo preciso di far conoscere queste opere ai bambini giapponesi, di avvicinarli innanzitutto all’amore per la lettura e soprattutto alla letteratura occidentale per ragazzi, giudicata molto adatta in quanto capace, per le tematiche affrontate, di ‘forgiare’ il carattere della gioventù nipponica fornendo esempi edificanti.

Infatti, come spesso dice anche Zerocalcare (vedi immagini sotto, prese dal suo blog ), se ci fate caso i cartoni animati di quell’epoca, quelli con cui siamo cresciuti noi millennial, erano veramente efferati e drammatici rispetto a quelli odierni. Quasi sempre i protagonisti erano bambini o ragazzi orfani a cui capitavano mille disgrazie, povertà, malattie, rapimenti, l’abbandono in collegio, violenze e sfruttamenti vari da parte anche degli stessi genitori, gli moriva il cane, gli andava a fuoco la casa, insomma gli succedeva qualsiasi cosa, e riuscivano a risollevarsi solo tramite la loro forza d’animo, la loro bontà e il loro coraggio. Quindi ‘forgiare il carattere’ direi che è stato senz’altro un obiettivo raggiunto, almeno per noi occidentali che siamo cresciuti con essi. E adesso so che non è stato un caso, ma che faceva proprio parte di un progetto culturale ben preciso.

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Questo progetto ebbe così successo tra gli anni ’80 e ’90 che anche altre case di produzione, pur non realizzando una vera e propria ‘serie’ sistematica con un titolo l’anno come aveva fatto la Nippon Animation, si rivolsero a quel genere, definito in giapponese Meisaku. Ad esempio, come dicevo prima, “D’Artagnan e i moschettieri del re” dello Studio Gallop, o gli adattamenti di “Robin Hood” e “Pinocchio” della Tatsunoko Production. Tutti accomunati da uno stile di disegno abbastanza realistico e ‘occidentale’ in cui non si utilizzavano i classici modelli di rappresentazione superdeformed dei manga, da colori brillanti, sfondi e ambientazioni dettagliatissime, da trame come dicevo spesso drammatiche ed emotivamente toccanti con grande attenzione all’approfondimento psicologico dei personaggi e da una serialità molto lunga (in media tutti sui 50 episodi) ottenuta inserendo episodi collaterali inventati per arricchire la trama di base del libro da cui erano tratti.

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Uno dei miei preferiti di sempre, e che tuttora mi fornisce esempi di come non perdersi d'animo in ogni situazione e soprattutto di imparare a costruirsi e a riparare ogni cosa da soli perché non si sa mai, è "L'isola della piccola Flo", che trasmettevano tutte le estati e io tutte le estati seguivo religiosamente allenandomi mentalmente a sopravvivere a un naufragio su un'isola deserta. Se so costruire e riparare tutto e vivere con poco, in effetti, è merito di questo cartone animato.

Bene, ora lo sapete; se avete basato la vostra vita, la scelta dei vostri studi o della vostra attuale professione o qualche altra scelta di vita fondamentale sul cartone animato che vedevate sempre da piccoli, se quando siete in difficoltà vi rivolgete allo spirito guida di uno di questi eroi bambini sfigati ma intraprendenti, che uscivano sempre da ogni tragedia col sorriso sulle labbra e più forti di prima, dovete ringraziare (o, se disgraziatamente vi è andata male, dovete incolpare) i vertici di queste grandi aziende giapponesi e il loro progetto, che ha forgiato molti più caratteri e ha avvicinato all’amore per la lettura e la letteratura molti più lettori di quelli che avrebbero mai potuto immaginare.

Qual era il vostro preferito? Quale di questi cartoni ha fatto di voi ciò che siete adesso? Pensateci!

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