Un museo ZEN in Riviera

Da quando lavoro part time, e quindi pranzo a casa, ho inaugurato questo piccolo rituale di guardare una serie tv poco impegnativa, modello “soap-opera” per intenderci, niente sbudellamenti alla Trono di Spade o roba troppo cervellotica alla House of Cards, per fare un po’ come mia nonna che dopo pranzo si metteva in poltrona col caffè a guardare Sentieri o Beautiful.

La serie tv che sto seguendo al momento su SKY si chiama Riviera, ne avevo sentito parlare molto bene e allora sono andata a recuperarla. In effetti è molto gradevole: inizia come il classico polpettone sulla famiglia straricca e un po’ maneggiona che si annoia al sole della Costa Azzurra trastullandosi anche nel mondo del mercato dell’arte, ma poi prende una piega crime molto interessante, e soprattutto ci ho ritrovato l’inquietante Iwan Rheon e una superba Lena Olin (adoro quella donna, non so perchè).

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Nonchè una quasi dimenticata Julia Stiles, che ricordavo in robette adolescenziali dei primi anni 2000 tipo Save the Last Dance e che invece mi ha sorpreso molto positivamente.

Negli ultimi anni mi è capitato diverse volte di andare d’estate a Nizza, e comincio a conoscerla e a orientarmi piuttosto bene, quindi le ambientazione per me sono doppiamente interessanti perchè le conosco: Place Masséna, le stradine della vecchia Nizza coi ristorantini, la Cattedrale, la Promenade des Anglais, i grandi hotel di lusso che si susseguono sul lungomare. La location che mi ha fatto più piacere rivedere sullo schermo è però nell’episodio 1×07, quando un vernissage d’arte moderna cui partecipano i protagonisti (e che si conclude con una rocambolesca fuga degli stessi) ha luogo nel delizioso Museo d’Arte Orientale di Nizza, il Musée départemental des Arts Asiatiques.

Il cavallo di terracotta giapponese fotografato da me (a sinistra) e nella scena della serie tv (a destra)

Si tratta di un museo piccolino ma molto particolare, sicuramente non tra le prime scelte di chi si trovi a visitare Nizza, che in quanto a musei è molto ben fornita (io stessa sono riuscita ad andarci solo alla mia terza visita alla città, dopo aver esaurito i musei più famosi). Questo però è veramente un peccato, e mi sono pentita di aver tardato così a lungo a visitarlo, perchè si tratta di un museo molto ben studiato e organizzato secondo un concetto molto interessante, ovvero costruito appositamente intorno all’estetica orientale minimalista e alla filosofia zen.

 

Una bellissima statua in legno di Durga dall'India fotografata da me (a destra) e in una scena della serie TV (a sinistra).

Si tratta di un concetto totalmente diverso dalla maggior parte dei musei di arte e archeologia orientale che normalmente conosciamo in Italia (il vecchio Museo Tucci di Palazzo Brancaccio a Roma, ora confluito nel MUCIV all’EUR; il MUDEC a Milano; il Museo d’arte orientale di Venezia; il MAO a Torino) in cui, solitamente;

a) il luogo che li ospita non ha nulla a che vedere con l’oriente, trattandosi o di palazzi storici “nostri” o architetture costruite appositamente per diventare spazi espositivi ma comunque non coerenti con le collezioni custodite all’interno;

b) le collezioni sono esposte secondo i gli stilemi della museologia classica, ovvero divisi in sale, ordinate cronologicamente, con le opere dentro le teche, con i pannelli didattici etc.

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Il museo visto da fuori. Il concetto alla base è il rapporto tra il quadrato e il cerchio, simboli della terra e del cielo.

Il museo di Arte orientale di Nizza, invece, segue una filosofia diversa: articolato in una sala grande più 5 sale minori (India, Giappone, Sud-Est asiatico, Cina, più una sala al piano superiore che approfondisce l’arte Buddhista, trasversale a tutti questi paesi) ognuna di esse racconta una determinata area del continente asiatico attraverso l’esposizione di pochissimi pezzi BELLI. Sì, belli, non saprei come definirli altrimenti. Significativi, espressivi, preziosi, decorati, artisticamente validi, storicamente importanti. Belli. Al massimo 6 per sala, quindi in totale in tutto il museo troverete una quarantina di opere. L’effetto che qui si vuole ricercare non è quello di insegnare le civiltà dell’oriente, di spiegare la cultura materiale, di affrontare la storia dell’arte di questi paesi. No, si è scelta una strada totalmente diversa, ovvero quella zen della contemplazione dell’oggetto, superando tutte le speculazioni intellettuali, e tutto ciò anche a partire dallo studio accurato del contenitore.

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La bellissima vista sul laghetto del Parc Phoenix

Il museo è stato infatti realizzato dal famoso architetto giapponese Kenzo Tage, e sapientemente collocato all’interno del giardino zoologico/botanico di Nizza, il Parc Phoenix, e così facendo dalle ampie vetrate della sala grande del museo è possibile vedere il laghetto degli uccelli acquatici del parco, con effetto estremamente suggestivo, quasi un giardino -appunto- zen.

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Gli dei cosmici Indra e la sua paredra Indrani, bronzo dorato, dal Nepal centrale, XV sec.

Gli interni sono ovviamente minimalisti al massimo: pareti bianche, molto vetro, molta luce, arredi ridotti al minimo, didascalie praticamente nascoste e limitate all’essenziale (spiegazioni più ampie si possono trovare nelle schede plastificate inserite in dei piccoli armadietti seminascosti), il tutto per far risaltare nella loro preziosità, nella loro essenza, i singoli oggetti. Molte sedute, proprio ad evidenziare il fatto di invitare a prendersi il proprio tempo di fronte a ciascuna delle opere proposte.

La scelta secondo me è ottima: un museo di queste piccole dimensioni, inserito in una città che di musei ne ha già diecimila, DEVE distinguersi in qualche modo, fornire una propria chiave di lettura, un approccio personale, perchè chiaramente non potrà essere mai il British o l’Hermitage, non potrà mai fornire una carrellata esaustiva di tutte le culture di tutti paesi dell’oriente di tutte le epoche storiche, di tutti i culti che si sono succeduti, di tutte le tecniche artistiche o artigianali o costruttive, di tutti i modelli di templi, di sepolture, di costruzioni civili…se avesse cercato di fare questo, con pochi mezzi, pochi spazi e pochi reperti, sarebbe stato l’ennesimo museo squallidino di provincia con due statuine e un sacco di foto e disegni e chiacchiere, dove portare solo i bambini in gita. Così, è invece un museo molto peculiare e suggestivo, un luogo sofisticato ed elegante da andare a visitare ed in cui intrattenersi (organizzano, oltre a conferenza e laboratori, anche cerimonie del tè, corsi di ikebana, di Qi Gong, di Tai Chi…) che viene infatti scelto anche come location cinematografica, oltre che come sede di esposizioni temporanee di altissimo livello.

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Al momento della mia visita c'era una stupenda mostra dedicata a Yves Saint Laurent e a come l'arte orientale lo abbia ispirato in molte delle sue collezioni, e una esposizione contemporanea di un artista Taiwanese molto interessante, Yuan Chin Tae (nella foto, una delle opere, magnifica). Vi è inoltre un bookshop molto fornito di oggettistica orientale, che spazia dai piccoli souvenir (bellissimi gli oggetti per praticare l'ikebana) ad oggetti artistici di grande valore, e con una selezione di titoli molto azzeccata su ogni aspetto dell'arte e della cultura orientale.

Ora, devo dire che questo modello di museo, adattissimo come dicevo a valorizzare piccole realtà alle quali non si può chiedere di essere “ecumeniche”, da noi stenta ad affermarsi. Pensiamo solamente all’ostracismo riservato alla – ormai neanche più tanto nuova – nuova sistemazione di alcune sale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma, (di cui avevo già parlato QUI) in cui si è ricercato allo stesso modo, affiancando alcune opere diversissime ed isolandole in spazi ampi e “vuoti”, un effetto di pura contemplazione estetica scevra dalla contestualizzazione delle opere e dall’aspetto didattico, ed è stato criticato praticamente da chiunque.

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Mi riferisco soprattutto alla ormai famigerata sala di Ercole e Lica

Pur comprendendo come una scelta del genere possa lasciare spiazzati, soprattutto se all’interno di una grande struttura museale come la GNAM, da sempre dedicata, al contrario, alla didattica dell’arte moderna, in ogni caso non piace l’idea di non poter “insegnare” nulla tramite l’arte, specialmente quella antica e moderna, di lasciare lo spettatore libero di interpretare ciò che vede secondo i suoi stilemi, di lasciarsi ispirare dalle opere, un po’ come si fa invece spesso con l’arte contemporanea. Secondo me, invece, si tratta di un approccio interessante che andrebbe approfondito, poiché può riuscire a coinvolgere pubblici molto diversi, soprattutto quelli che normalmente non verrebbero in posti di questo genere, e non parlo solo di chi è totalmente a digiuno di attività artistiche ma soprattutto di coloro che magari frequentano mostre di arte contemporanea o di design, si interessano di grafica, fotografia e moda ma non di arte antica o etnografica.

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Ossuario in forma di toro in legno di tek da Sulawesi (indonesia), XIX sec.

Quanti di voi frequentano abitualmente musei d’arte orientale? Cosa vi viene in mente se vi dico “Arte orientale”? Probabilmente qualche sfilza di ceramiche grigiastre della mesopotamia, con qualche sigillo o tavoletta cuneiforme, poi nella sala dopo qualche scarabeo egizio, poi due ceramiche cinesi bianche e blu, una serie di statue di divinità cambogiane o indiane di cui non conoscete il nome e se pure lo leggete poco dopo l’avete dimenticato. In genere un minimo d’interesse in più si presta al Giappone perchè lo si conosce meglio. Ma anche lì, l’armatura da samurai, il coltello, la pittura su carta. Fine del giro, bagno e bookshop. Cosa vi è rimasto impresso? Lo sviluppo della produzione della ceramica nel medio oriente? L’evoluzione della figura di Buddha da quello più “occidentale” del Gandhara all’arte totalmente indiana di Mathura? NO, ve lo dico io, l’oggetto BELLO. quello che avrete fotografato perchè è bello, perchè ha un valore puramente estetico che vi fa riconoscere anche il suo valore artistico e documentario, e non il contrario. Vi ispira, vi interessa, e magari vi spinge a cercare altre informazioni, a saperne di più.

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Leoni mitologici in bronzo dal Vietnam, XV sec.

In un museo “zen”, una esperta (scusate la modestia, ma dopotutto sono un’orientalista) come me apprezzerà in ogni caso l’assoluto pregio di questi pochi pezzi stupendi, di cui già sa tutto, ognuno molto ben selezionato e rappresentativo della corrente artistica o della regione che rappresenta.

Il non esperto, dopo aver magari letto la descrizione dell’opera sulle schede plastificate ed essersi fatto un idea del dove, quando e perchè, se lo desidera, può invece senz’altro sedersi e abbandonarsi alla contemplazione estetica di un oggetto artistico di pregio assoluto, quasi un idolo, che contiene in se l’intera cultura e area geografica che l’ha prodotto e che riesce a trasmetterla a livello visivo ed emozionale, il tutto all’interno di un contenitore perfetto che amplifica l’esperienza estetica stessa.

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Coppia di cervidi affrontati in bronzo dorato dal Tibet centrale, XVII sec.

L’esperienza di questo museo è senz’altro positiva e come dicevo, fornisce materiale su cui riflettere per ripensare la fruizione di alcuni musei minori in modo da svincolarli almeno in parte dalla dittatura degli “spiegoni”, almeno per quanto riguarda tutti quei musei i cui “spiegoni” non sarebbero comunque sufficienti ed esaustivi per essere uno strumento didattico veramente efficace.

Per saperne di più: 

Musée départemental des Arts asiatiques
405, Promenade des Anglais Arenas
06200 NICE

Tél. : 33(0)4.89.04.55.20

Ingresso Gratuito

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